Instabilità posteriore di spalla

L’instabilità posteriore di spalla è una condizione piuttosto rara che affligge l’articolazione gleno-omerale (spalla) rappresentando circa il 5% di tutti i casi di instabilità di spalla. Può essere classificata come unidirezionale, la situazione più frequente, bidirezionale o multidirezionale come nei casi in cui è presente una condizione di iperlassità cioè quando i legamenti non sono in grado di mantenere in sede la spalla. Nella maggior parte dei casi avviene il distaccamento del labbro posteriore, quella porzione di cartilagine che funge da “guarnizione” per la testa dell’omero lì dove poggia sulla scapola, condizione nota come “reverse Bankart”. L’instabilità posteriore di spalla può essere classificata anche per gradi: dalla sublussazione, la meno grave, alla lussazione franca, la più seria.

 

Quali sono le cause?

La patologia si manifesta nella maggior parte dei casi in seguito a un trauma, specie nelle persone che svolgono attività sportive ad alto rischio che prevedono movimenti delle braccia “overhead” cioè al di sopra della testa o negli sport di contatto come il rugby, il calcio o il judo. L’instabilità posteriore di spalla può essere:

  • post-traumatica: può verificarsi in seguito a un singolo evento traumatico o a episodi ripetuti di microtraumi
  • atraumatica: può essere connessa a patologie genetiche del collagene come la Sindrome di Marfan oppure a strutture ossee irregolari
  • involontaria: è provocata da un trauma e si manifesta con una sublussazione
  • volontaria: quando il paziente è in grado di sublussare o lussare intenzionalmente la spalla 

 

Quali sono i sintomi?

La maggior parte dei pazienti con lussazioni posteriori ricorrenti lamenta una sintomatologia  dolorosa nell’atto di eseguire attività nella posizione a 90° di flessione anteriore, adduzione e intrarotazione, ovvero alzando il braccio in avanti all’altezza della spalla, in alto lungo l’orecchio e in basso lungo il corpo tenendo il palmo della mano frontale, simile al movimento dei nuotatori nello stile libero nella fase della spinta delle braccia in acqua a stile libero. In molti casi, inoltre, il paziente riferisce anche una sensazione di debolezza al braccio.

 

Come si effettua la diagnosi?

Per eseguire una diagnosi corretta è necessaria la visita specialistica con l’ortopedico specializzato nelle patologie di spalla. La visita prevede: esame obiettivo approfondito che includa la valutazione dell’escursione articolare, attiva e passiva; la palpazione dei punti di repere che localizzano in maniera precisa i sintomi e usano come riferimento le ossa coinvolte nell’articolazione della spalla; la valutazione della forza e la misura della lassità legamentosa anche tramite l’utilizzo di alcuni test specifici. La radiografia, la risonanza magnetica e la tomografia ossea computerizzata (TC) possono aiutare a chiarire il quadro clinico diagnosticando con precisione le eventuali lesioni dei tessuti capsulo-labrali e ossei.

 

Come si cura?

  • Trattamenti conservativi 

In molti casi, l’instabilità posteriore di spalla può essere gestita senza ricorrere all’intervento chirurgico tramite l’utilizzo di fisioterapia e con l’esclusione di attività faticose o ad alto impatto sull’articolazione. Lo scopo della fisioterapia è quello di rinforzare la muscolatura per consentire ai muscoli stabilizzatori dinamici della spalla (cuffia dei rotatori, deltoide posteriore, muscoli peri-scapolari) di sopperire al deficit della capsula come stabilizzatore statico. Si è verificato che quasi il 70% dei pazienti migliora dopo specifici protocolli riabilitativi. Se dopo circa sei mesi di fisioterapia la condizione di instabilità non migliora, è opportuno prendere in considerazione l’opzione chirurgica.

  • Trattamenti chirurgici

L’intervento chirurgico non è quasi mai la prima opzione. Tuttavia, negli sportivi giovani che praticano sport che prevedono il lancio della palla (basket, pallavolo, pallanuoto) o in cui la spalla può essere soggetta ad ulteriori traumi (calcio, hockey, per esempio), la scelta chirurgica dipende anche dalla presenza di lesioni associate. Infatti, all’instabilità di spalla posteriore possono essere associate lesioni legamentose o fratture ossee (chiamate tecnicamente “bone loss”, perdita di osso) a carico della testa dell’omero o della glena, ovvero le due componenti dell’articolazione che nella lussazione o sublussazione possono provocare danni. 

La valutazione dell’intervento chirurgico avviene in base al tempo trascorso dalla lussazione e l’eventuale deficit omerale.  La tecnica artroscopica è infatti indicata quando la lussazione è avvenuta entro le 3 settimane e utilizza strumentari usati anche nella ricostruzione del LCA (Legamento Crociato Anteriore) del ginocchio.

 

Pertanto:

  • lussazione avvenuta entro 3 settimane con deficit osseo omerale inferiore al 25%: si esegue la riduzione della lussazione e terapia conservativa con tutore per 3 settimane. Se la lussazione si ripresenta, si esegue la riparazione del cercine (una specie di guaina che riveste la glena e trattiene in sede la testa dell’omero) e della capsula articolare
  • lussazione avvenuta entro 3 settimane con deficit osseo tra 25-40%: l’intervento ha l’obiettivo di ricostruire la rotondità della testa dell’omero
  • lussazione avvenuta a oltre 3 settimane: la valutazione dell’intervento avviene sulla base del paziente e del quadro clinico. In genere la scelta chirurgica ha l’obiettivo di risolvere la depressione (simile alle porte di saloon) che si crea nella spongiosa, la parte più interna dell’osso, con innesti di spongiosa prelevati dalla testa del femore
  • in caso di lesioni associate alla lussazione, se cuffia dei rotatori è preservata si deve ricorrere a una protesi anatomica; negli anziani, invece si tende a prediligere quella inversa

 

Come si previene?

L’unico modo per prevenire l’instabilità posteriore di spalla è la fisioterapia preventiva. Tutti gli esercizi di rinforzo dei muscoli stabilizzatori dell’articolazione sono indicati qualora si rientri nelle categorie a rischio per patologie genetiche o nel caso si svolgano delle attività sportive o lavorative che comprendono ripetuti movimenti delle braccia overhead oppure il rischio di contatti violenti o cadute.